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Riflessioni

“La responsabilità degli amministratori alla prova del Codice della Crisi dell’impresa e dell’insolvenza”. Il saggio dell’avv. Francesco Rizzo

Proponiamo di seguito un estratto del saggio dell’avv. Francesco Rizzo (in foto), docente a contratto di diritto commerciale, dal titolo “La responsabilità degli amministratori alla prova del Codice della Crisi dell’impresa e dell’insolvenza”. Il lavoro illustra le novità introdotte dal legislatore in materia di crisi dell’impresa e di insolvenza, avuto particolare riguardo alla responsabilità degli amministratori. In tale prospettiva di analisi, l’autore, dopo aver approfondito il quadro normativo di riferimento, analizza i doveri in capo agli amministratori e la conseguente responsabilità. Il contributo termina con interessanti riflessioni di sintesi.

«Una delle novità più importanti del Codice della crisi dell’impresa la troviamo al di fuori del codice stesso e riguarda la modifica dell’art. 2086 cod. civ. Se l’entrata in vigore del Codice della crisi è stata differita al 16 maggio 2022 dal D.l. n. 118 del 24 agosto 2021, alcune delle sue norme, come l’intervento sull’art. 2086 cod. civ., sono già in vigore. In questa disposizione originariamente l’imprenditore veniva concepito come il capo dell’impresa e titolare di un potere gerarchico nei confronti dei propri collaboratori. Adesso si stabilisce in capo al medesimo imprenditore l’obbligo di prevedere un assetto organizzativo, amministrativo e contabile che sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa. L’obiettivo è quello di far emergere tempestivamente la crisi dell’impresa ed evitare la perdita della continuità aziendale attraverso la ristrutturazione del debito.

La scelta di inserire, all’interno di un’epocale riforma delle procedure concorsuali, un capitolo così importante dedicato alla responsabilità degli amministratori è figlia della consapevolezza che proprio nell’ipotesi di default dell’impresa vengano in rilievo i profili di responsabilità, senza che siano necessariamente causa del dissesto stesso.  In questo senso si coglie il senso dell’intervento della riforma che ha coinvolto anche le norme del codice civile che regolano i doveri e, appunto, le responsabilità degli amministratori e degli organi di controllo delle società. La prevenzione della crisi dell’impresa passa, quindi, attraverso la predisposizione di assetti organizzativi adeguati alla rilevazione tempestiva dello stato di difficoltà nel quale essa si può trovare. Del resto, l’efficacia degli strumenti di allerta e di composizione assistita della crisi dipende ed è legata a doppio filo dalla capacità degli amministratori e degli organi di controllo di anticipare l’emersione della crisi per poterli fronteggiare in tempo. Pertanto, soltanto a fronte di un’adeguata organizzazione amministrativa e contabile dell’impresa è possibile, per i soggetti che ne hanno la gestione o il controllo, avere un quadro chiaro e aggiornato della situazione economica e finanziaria nonché della sussistenza delle prospettive di continuità aziendale. Agire tempestivamente è fondamentale per poter porre in essere le strategie di risanamento e di superamento della crisi per evitare i costi, economici e sociali, che una procedura meramente liquidatoria reca con sé laddove si versi in una situazione irreversibile di insolvenza.

La più recente evoluzione del diritto societario ha dimostrato, quindi, tutta la centralità della questione della salvaguardia dell’impresa che si è tradotta in regole e principi in tema di organizzazione dell’attività. Da tale considerazione si desume, quindi, il ruolo del diritto della crisi rispetto al diritto societario: prevedere doveri generali in capo all’imprenditore nei confronti dell’impresa e per la tutela della medesima. L’adeguatezza dell’assetto organizzativo si misura, quindi, nella sua capacità di consentire una pronta percezione degli indicatori e degli indici della crisi che prevedono l’obbligo di segnalazione all’Organismo di Composizione della Crisi d’impresa (OCRI) attivando la procedura di allerta e la conseguente, ed eventuale, apertura del procedimento di composizione assistita della crisi. Dunque, come emerge chiaramente anche dal nuovo art. 2086, comma 2, cod. civ., esiste una stretta connessione tra gli obiettivi perseguiti dalle procedure di allerta, la composizione assistita della crisi e il dovere di istituire adeguati assetti organizzativi dell’impresa. Il dovere di istituire adeguati assetti organizzativi risponde anche ad un’esigenza di carattere più generale connaturata nell’essenza stessa dell’attività di impresa. L’impresa è “attività economica organizzata”, (art. 2082 cod. civ.) e l’aspetto organizzativo ne costituisce un elemento imprescindibile, in qualunque forma essa sia esercitata, con la conseguenza che chiunque si appresti a gestirla non può non farsi carico delle modalità attraverso le quali essa sia organizzata al fine di perseguire lo scopo fissato. Il dovere prioritario degli amministratori è, quindi, quello di adoperarsi in modo diligente al fine di conseguire l’oggetto sociale e rispondono della violazione dei doveri loro imposti dalla legge, dallo statuto o dall’atto costitutivo della società. 

Pertanto, poiché la previsione di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili rappresenta un dovere istituito espressamente da disposizioni di legge, è evidente come dalla sua violazione derivi una responsabilità in capo agli amministratori tanto nei confronti della società, quanto dei creditori sociali laddove ne sia derivata la compromissione del patrimonio sociale che costituisce la garanzia generica per i creditori stessi.

Fino all’introduzione dei nuovi doveri societari all’interno del Codice della crisi e dell’insolvenza, l’attenzione dei giudici era principalmente rivolta alle condotte esteriori di esercizio degli amministratori, meno alle scelte poste in essere, o omesse, nella predisposizione delle strutture organizzative interne all’impresa. D’ora in avanti, invece, è ragionevole attendersi che la valutazione dell’adeguatezza organizzativa diventi uno degli aspetti maggiormente considerati al fine di valutare la responsabilità degli amministratori, così come è probabile che tali questioni vengano in rilievo soprattutto in contesti di crisi aziendale poi sfociate in insolvenza».

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