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MES e Infrastrutture, nodi da sciogliere del governo Meloni

 

Considerato che incombono sulla scena internazionale, e quindi anche in Europa, i riflessi delle guerre in Ucraina e Medio Oriente, l’argomento della ratifica del Trattato del MES non è certo prioritario. 

Tuttavia è da tanto tempo che nella UE e anche in Italia è attesa una decisione del Governo e del Parlamento. Stupisce il comportamento del Governo. 

Sorprende l’ostinazione del premier Meloni che sembra non rinunciare al suo schema, ovvero “prima di ratificare il MES voglio assicurazioni sul Patto di Stabilità”.

L’Italia – è bene ricordare – è l’unico Paese della UE a non aver provveduto a ratificare il MES. 

Il MES può dare un contributo all’Unione Bancaria Europea, proprio perché è uno strumento importante in grado di fronteggiare al meglio future crisi bancarie. 

Per un Paese bancocentrico come il nostro, nel senso che le Banche in Italia sono il canale privilegiato a sostegno dell’economia nazionale con riguardo speciale verso le piccole e medie imprese – è auspicabile che nel dibattito in programma a fine mese in Parlamento (come più volte ci ha ricordato Angelo De Mattia) il Governo si impegni in sede europea ad approvare assieme al MES, il Fondo Unico di risoluzione delle banche in crisi e il terzo pilastro tuttora irrealizzato dell’Unione Bancaria, cioè l’assicurazione europea dei depositi.

Veniamo quindi alla manovra di bilancio 2023: è fortemente condizionata dalla situazione dei nostri conti pubblici. Alcuni commentatori l’hanno definita un’ipoteca da 15 MDI all’anno. 

Sostenendo che l’ipoteca è la conseguenza di un doppio condizionamento con cui il Ministro Giorgetti ha dovuto fare i conti: la difficoltà a trovare coperture stabili e la necessità di tenere basse le curve del deficit e del debito pubblico. 

Il piatto forte della legge di bilancio è la somma per oltre 14 MDI di deficit risultante dai 10 MDI per la riconferma, per un solo anno, del taglio contributivo ai lavoratori dipendenti entro i 35 mila euro lordi di reddito annuo , e di poco più di 4 MDI di minor gettito IRPEF. E’ il primo modulo della completa riforma fiscale che il Governo si è impegnato a realizzare entro fine legislatura. 

«Per garantire sostenibilità al debito il Governo – si legge nella relazione di accompagnamento alla Finanziaria – prevede poi proventi per dismissioni pari al 1,1% del PIL nel 2024 – 2026». 

Sul versante delle infrastrutture la manovra non presenta rilevanti novità. Forse non era possibile fare di più ma non avendolo fatto occorre a livello di dibattito politico aprire un confronto il prima possibile e che sia fattivo e lungimirante. 

Ricordo a tal proposito che proprio nel 2001 – 2002 con le leggi Obiettivo, il decreto applicativo della legge Obiettivo e la legge 166/2002 furono poste le premesse per il rilancio delle infrastrutture e per una significativa ripresa economica.

 

L’autore è stato sottosegretario di Stato con delega al bilancio nei governi Ciampi e Berlusconi I e presidente della VIII Commissione nelle legislature XV e XVI

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