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Influencer nell’occhio del ciclone? L’approfondimento di Gatti Pavesi Bianchi Ludovici

Nicola Bonante, Paola Tradati, Andrea Gaboardi e Nicolò Farina

A cura di Nicola Bonante, Paola Tradati, Andrea Gaboardi e Nicolò Farina di Gatti Pavesi Bianchi Ludovici

Nell’attuale contesto socio-economico, in cui lo sviluppo dei business è sempre più digitale e fortemente legato alle piattaforme social, si è progressivamente affermata la figura degli influencer, quali soggetti in grado di promuovere prodotti e/o servizi attraverso la “vetrina digitale” rappresentata dai propri profili “social”, che raggiungono con un solo click milioni di persone in tutto il mondo.

La notorietà e la visibilità degli influencer e, conseguentemente, la loro capacità di orientare le scelte di acquisto dei consumatori per il tramite delle nuove tecnologie, ha spinto, negli ultimi anni, sempre più imprese a stipulare accordi commerciali con queste nuove figure professionali, con l’intento di espandere il proprio business, trasformando i follower degli influencer in propri fedeli clienti.

Una recente pronuncia del Tribunale di Roma potrebbe avere effetti dirompenti su questo nuovo contesto, imponendo una radicale trasformazione delle modalità o prassi di contrattualizzazione fino ad oggi seguite dalle aziende. Infatti, con la sentenza n. 2615 del 4 marzo 2024, la sopracitata Corte capitolina ha confermato gli esiti di una ispezione condotta nell’anno 2022 dalla Fondazione Enasarco, ente previdenziale degli agenti di commercio, con cui era stata disposta la riqualificazione in tale categoria professionale di una serie di influencer chiamati a promuovere prodotti di un’impresa commerciale che svolge attività di vendita on-line di integratori alimentari.

In particolare, gli enti ispettivi hanno ritenuto qualificabile come attività di agente di commercio disciplinata dall’art. 1742 c.c. e seguenti, l’attività di tali influencers, alcuni addirittura basati all’estero e impegnati in impieghi diversi dalla mera promozione delle vendite dei prodotti in questione, richiedendo alla società il pagamento dei contributi dovuti al Fondo di previdenza ENASARCO e al fondo indennità di risoluzione del rapporto F.I.R.R., oltre sanzioni e interessi.

In tale pronuncia, attualmente l’unica del suo genere di cui, tuttavia, non si potrà non tenere conto anche in considerazione dell’attenzione posta dal legislatore e dalle autorità fiscali sul mondo della promozione digitale attraverso tale nuova categoria professionale, sono stati riscontrati alcuni elementi tipici del rapporto di agenzia proprio nelle modalità con cui gli influencer erano chiamati a svolgere la loro attività. Infatti, è stato valorizzato come l’attività di promozione non avvenisse solo attraverso una mera pubblicizzazione ma anche attraverso la presenza di veri e propri link e codici sconto che permettevano ai followers-clienti di avere immediato accesso alla piattaforma di e- commerce del brand, magari beneficiando anche di una particolare scontistica derivante proprio dalla promozione personale dell’influencer.

Ed è proprio nella promozione digitale all’interno di una specifica community di follower che è stato rinvenuto l’elemento tipico dell’attività dell’agente, ossia la promozione di prodotti di un preponente all’interno di una zona determinata, determinata proprio dai followers, non rilevando, in virtù dell’essenza del web quale mercato altamente standardizzato in cui gli acquisti vengono effettuati con un click alle condizioni di vendita fissate dal venditore, l’assenza di relazioni dirette tra influencers e preponente. Inoltre, la stabilità caratterizzante il contratto di agenzia rispetto altre figure tipiche o atipiche è stata rinvenuta nella continuata attività svolta dai soggetti riqualificati, legati da contratti a tempo indeterminato e destinatari di periodi aggiornamenti delle vendite da loro veicolate e relativi estratti conti provvigionali. A tal riguardo, anche tale ulteriore elemento caratteristico dell’agente di commercio è stato valorizzato dagli Ispettori della Fondazione Enasarco e dal Tribunale di Roma per giungere alla conclusione che i rapporti svolti dagli influencer rappresentassero a tutti gli effetti un incarico di agenzia visto che il loro compenso maturava sulla base degli acquisti, andati a buon fine, effettuati dai clienti influenzati dai medesimi.

È evidente che ogni vicenda ha le sue peculiarità, tuttavia, in assenza di un quadro normativo chiaro e definito, tale pronuncia rappresenta un evidente campanello di allarme per ogni impresa, a prescindere dal mercato di riferimento e dalla dimensione degli affari, dedita ad utilizzare tali figure per la sponsorizzazione dei propri prodotti poiché dalle modalità di svolgimento dell’incarico e dalla regolamentazione contrattuale passa la qualificazione giuridica del rapporto con rilevantissimi riflessi in termini economici e sanzionatori.

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