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Legislazione emergenziale e (allerta) della crisi d’impresa

di Stefano Bombelli*

L’ondata epidemica che ha investito il nostro Paese ha fatto calare sull’Europa e su tutto il mondo occidentale lo spettro di una drammatica crisi economica, soprattutto in termini di liquidità. La pandemia ha colpito direttamente al cuore tante realtà imprenditoriali e aziendali che, strette nella morsa del lockdown e delle forti limitazioni sociali, sono andate incontro a una grave fase di dissesto. A sostegno del comparto è arrivata dunque la legislazione emergenziale, con la previsione di specifiche misure dirette a favorire la continuità aziendale nei casi di crisi. In particolare e principalmente, è stata disposta la sospensione sino al 31 dicembre 2020 degli obblighi di ripianamento delle perdite del capitale sociale, la temporanea disattivazione della disciplina (artt. 2467 c.c. e 2497 quinquies c.c.) in tema di postergazione dei finanziamenti dei soci e di chi esercita attività di direzione e coordinamento, la revisione delle regole e dei principi concernenti la valutazione della sussistenza del going concern con riguardo ai bilanci 2019 e a quelli in corso nel 2020 (con il prevedere che, con riferimento ai primi, è possibile non tenere conto delle incertezze e degli effetti derivanti dai fatti successivi alla data di chiusura del bilancio, mentre, relativamente ai secondi, la verifica può essere effettuata sulla base delle risultanze dell’ultimo bilancio chiuso entro il 23 febbraio 2020).

L’intero settore della crisi d’impresa attendeva inoltre da tempo l’entrata in vigore del nuovo Codice regolatore della materia, ora differito al 1° settembre 2021. Come è noto, infatti, la principale caratteristica della riforma consiste nell’introduzione dell’obbligo della rilevazione anticipata della situazione di crisi dell’impresa attraverso specifici indici e strumenti (la c.d. misure dall’allerta). Tale impianto appare infatti disegnato per funzionare ove lo stato di crisi rappresenti l’eccezione nel quadro complessivo delle imprese. Diversamente, in una situazione in cui la crisi sia la «regola» a causa degli effetti della pandemia, gli indici della stessa rischiano di perdere la loro funzione distintiva, potendo essere rilevati anche rispetto ad imprese fondamentalmente sane.

Tutti questi provvedimenti sono di certo strumenti indispensabili nell’ambito della grave congiuntura determinata dal COVID 19. Non vi è dubbio, tuttavia, che essi nascondano rischi: potrebbero infatti prestarsi ad essere interpretati ed utilizzati quale semplici mezzi per «nascondere la polvere sotto il tappeto», ritardando l’emersione di una situazione di crisi già latente e destinata a conclamarsi con effetti amplificati proprio per aver omesso gli interventi necessari a evitarla.

Quale rotta dunque per le imprese in questo mare tempestoso? In primo luogo, è necessaria una applicazione rigorosa della normativa emergenziale, nella prospettiva di assicurare la conservazione nel tempo della capacità dell’impresa di creare valore. A titolo esemplificativo, la sospensione degli obblighi in tema di ripianamento delle perdite non distrae gli amministratori dal loro dovere di accertare tempestivamente una situazione di perdita del capitale e dunque di predisporre un bilancio straordinario per sottoporlo all’assemblea dei soci. Ancora, pur essendo temporaneamente disattivato l’obbligo di assumere opportuni provvedimenti in caso di perdite, resta pur sempre la facoltà dei soci di provvedere all’immediato ripianamento qualora tale scelta risulti concretamente percorribile e sia considerata preferibile in un’ottica di conservazione del valore dell’impresa. In secondo luogo, il rinvio dell’entrata in vigore del codice della crisi d’impresa, disposto nell’ambito della decretazione emergenziale, non deve tradursi in un accantonamento dell’esigenza di incentivare una sempre maggior attenzione e cura alla struttura organizzativa delle imprese. L’esistenza di uno stato generalizzato e profondo di difficoltà economico finanziaria impone anzi di procedere con ancor più urgenza alla predisposizione di assetti organizzativi, amministrativi e contabili che siano realmente adeguati alla natura ed alle dimensioni dell’impresa e che, secondo quanto richiesto dall’art. 2086 c.c. in tema di gestione dell’impresa, consentano di accertare con tempestività l’emergere di squilibri sintomatici della crisi.

*Avvocato con ventennale esperienza nel settore del diritto societario e finanziario, della contrattualistica, anche internazionale – componente task force SZA-Fsi sulla crisi d’impresa

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