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Ambientale Riflessioni

La Circular Economy è un fiore all’occhiello italiano. L’analisi del prof. Francesco Bruno (Pavia e Ansaldo)

Secondo i dati pubblicati da Circular Economy Network ed Enea nel 2019, l’Italia è il primo Paese in Europa per indice di circolarità, ovvero il valore attribuito secondo il grado di uso efficiente delle risorse. Questo risultato è stato possibile anche grazie all’elevato grado di occupati che l’Italia registra nel settore del recupero e del riciclo. Sul tema è intervenuto questa mattina il professor Francesco Bruno sul quotidiano economico Milano Finanza.

Bruno, professore ordinario di Diritto Ambientale al Campus Biomedico di Roma e partner dello Studio Legale Pavia e Ansaldo, ha sottolineato come l’aumento della popolazione, i costi energetici e ambientali nella produzione di materie prime e il livello di inquinamento impongono di rivedere completamente il nostro sistema produttivo. 

Sempre sulle colonne del quotidiano finanziario ha evidenziato infatti come la circolarità dell’economia è diventata ancora più attuale durante la pandemia, che ha messo in luce quanto sia rischiosa la totale dipendenza dalle catene di approvvigionamento globalizzate: “Oggi più che mai è necessario valorizzare il riutilizzo dei prodotti giunti a fine ciclo vita e promuovere il riciclo dei materiali di recupero a cui è fondamentale dare una seconda vita, trasformandoli da scarto in risorsa. Poche settimane fa il parlamento italiano ha recepito le direttive europee denominate Circular Economy Package, un insieme di quattro atti con i quali l’Unione Europea intende innalzare la quantità e la qualità degli obiettivi in tema di economia circolare e che diventerà uno dei pilastri del Green Deal europeo. Si tratta di un passaggio fondamentale per promuovere la transizione verso questo nuovo tipo di economia, favorire il ridisegno dei processi industriali in questa nuova ottica e promuovere la transizione da una «gestione dei rifiuti» a una «gestione sostenibile dei materiali». Le principali innovazioni introdotte riguardano la ridefinizione del concetto di «rifiuto urbano», l’estensione della responsabilità estesa del produttore, lo sviluppo del sistema di tracciabilità e di un catasto dei rifiuti a livello nazionale e regionale.”

Il cuore dell’economia circolare è riassunto dal concetto «gerarchia dei rifiuti» della Direttiva Quadro. “Almeno in linea teorica – spiega ancora il professore – nessun materiale dovrebbe diventare un rifiuto. Ecco quindi che, per un’azione più efficace in tale direzione, al nuovo art. 180, il Testo Unico Ambientale individua come prioritaria l’adozione di un Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti condiviso tra i ministeri dell’Ambiente, dello Sviluppo economico e delle Politiche agricole alimentari e forestali. Il Programma dovrà descrivere le misure utili a prevenire i rifiuti, inclusi gli indicatori e gli obiettivi qualitativi e quantitativi necessari alla valutazione e all’attuazione di tali misure. Il tentativo in corso è quello di trasformare l’ambiente economico in ambiente biologico. In natura tutto si rigenera, il concetto di scarto non esiste perché di fatto il «rifiuto» diventa la base per lo sviluppo di altre forme di vita in un quadro generale di equilibrio. L’approccio per essere efficace deve iniziare dal design: un prodotto deve essere pensato per durare il maggior tempo possibile, per essere riparabile e, alla fine dei suoi giorni, essere scomposto in modo che ogni sua parte trovi un altro utilizzo”. 

“L’economia circolare, contrariamente alla percezione negativa che a volte ci autoassegniamo, – spiega ancora Francesco Bruno – in Italia rappresenta un fiore all’occhiello. Il nostro Paese continua a primeggiare tra le grandi nazioni europee. L’indotto dell’economia circolare in Italia supera quello di Germania, Francia, Spagna e Polonia. Questa leadership si lega a un carattere distintivo del popolo italiano: la creatività e l’arte di arrangiarsi. E va a smentire un luogo comune: l’incapacità di fare sistema. Perché in questo caso tante aziende sono riuscite a unire le forze per ricavare vantaggi comuni. Questa posizione, in un mercato che in Italia vale circa 345 miliardi di euro e due milioni di occupati (dati del rapporto La bioeconomia in Europa, della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, in collaborazione con Assobiotec e il Cluster Spring) ci posiziona più in generale come economia verde al terzo posto in Europa alle spalle di Germania (414 miliardi) e Francia (359 miliardi). Le nuove norme puntano a migliorare l’ambiente (con una riduzione media annua delle emissioni di 617 milioni di tonnellate di CO2 equivalente) e a riutilizzare e riciclare il 65% dei rifiuti urbani entro il 2035, a fronte del 50% circa del 2010. Nel nostro Paese potrebbero avere un impatto positivo sull’occupazione di almeno 500mi1a posti di lavoro in più. Una grande occasione, dunque, rispetto alla quale il Sistema Italia dovrà farsi trovare pronto, sfruttando al meglio la posizione di vantaggio ai blocchi di partenza”.

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