Abuso d’ufficio, Magistratura indipendente replica a Meloni
A seguito delle dichiarazioni del premier Giorgia Meloni sull’abuso d’ufficio, la replica di Stefano Buccini e Angelo Piraino, presidente e segretario di Magistratura indipendente: “ È un reato la cui norma è stata modificata più volte, c’è l’esigenza di affrontare il problema diversamente”.
“Vi annuncio che modificheremo una serie di reati, a partire dall’abuso di ufficio. Penso che sia arrivato il momento di affrontare il tema della responsabilità degli amministratori locali. Non possiamo arrenderci alla paura della firma, perché inchioda una nazione che invece ha un bisgono disperato di correre e di liberare le sue energie. Bisogna mettere i sindaci nelle condizioni di poter firmare serenamente, avendo certezze sul perimetro del lecito e dell’illecito”. Queste le parole del Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni in occasione dell’assemblea dell’Anci, che si è tenuta ieri.
Alle parole del Presidente del Consiglio, tra gli altri, replicano Stefano Buccini e Angelo Piraino, rispettivamente presidente e segretario di Magistratura indipendente: “Il reato di abuso di ufficio è una delle norme più travagliate del nostro codice penale – si legge in una nota diffusa dalla componente-, a giudicare dal numero di modifiche cui è stata sottoposta. Le ultime sono state apportate nel 2020 e hanno già ridotto moltissimo il suo campo di applicazione, ma, nonostante ciò, gli amministratori locali manifestano ancora l’esigenza di una sua ulteriore modifica. Il fatto stesso che questo reato sia stato modificato così tante volte è un sintomo, forse, dell’esigenza di affrontare il problema in modo differente“.
“Il reato di abuso d’ufficio, nella sua struttura originaria – sottolineano Buccini e Piraino -, intendeva sanzionare penalmente una vasta gamma di comportamenti illeciti dei pubblici amministratori, ma proprio per questo comportava un concreto rischio di sovrapposizione tra l’area della illegittimità amministrativa e quella della illiceità penale. Invece di ricorrere a norme di così ampio respiro, forse sarebbe opportuno individuare quei settori dell’attività amministrativa in cui si registra un maggior numero di condotte devianti, come quello dei concorsi pubblici, ad esempio, e concentrare in quei settori la repressione penale, formulando delle ipotesi di reato più specifiche, utilizzando, così, in modo più ‘chirurgico’ la repressione penale. È l’impostazione che si è perseguita con l’introduzione dell’art. 353 bis del codice penale, inserito nel 2010, che si è dimostrata una norma molto efficace per sanzionare specifici ambiti di comportamenti illeciti nel settore degli appalti pubblici”.
“La ‘paura della firma’ non deriva certamente dal timore di subire condanne, che sono ben poche con riferimento al reato di abuso d’ufficio – evidenziano ancora Buccini e Piraino -, se il timore deriva, invece, dalle indagini, allora il problema può essere risolto con una maggiore tipizzazione delle condotte illecite. Lo strumento penale non deve essere utilizzato per eliminare illegittimità che dovrebbero essere affrontate e risolte con adeguati controlli interni all’amministrazione: è un po’ come andare al pronto soccorso per curare l’influenza. In ogni caso l’attività legislativa non dovrebbe essere indirizzata a prevenire sentimenti soggettivi, come la paura, ma piuttosto a razionalizzare l’impiego dello strumento repressivo, che deve essere l’extrema ratio e deve essere preceduto da controlli amministrativi efficaci”.
Quanto all’ipotesi che si intervenga anche su altri reati che riguardano i pubblici amministratori, Buccini e Piraino concludono: “Le scelte di politica criminale competono esclusivamente alla politica, e non intendiamo sindacarle. Da tecnici possiamo solo auspicare che le nuove norme possano porre rimedio alle difficoltà interpretative di quelle attuali, che creano disservizi anche nell’amministrazione della giustizia, non solo nella pubblica amministrazione”.