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Riflessioni

Letta-Meloni, rivedere il PNRR sarebbe una buona idea?

(Photo by Antonio Masiello/Getty Images)

Nel corso del confronto organizzato dal Corriere della Sera tra Enrico letta e Giorgia Meloni a proposito del PNRR, il leader di Fratelli d’Italia ha confermato la sua intenzione – in caso di vittoria del centro destra – di rivedere l’impostazione del PNRR avviando una trattativa con la Commissione Europea.

Una proposta di questo tipo – a mio parere – comprometterebbe la tempistica decisa e concordata in sede UE.

Non possiamo ignorare che l’Italia è stato il Paese europeo che ha ottenuto il trattamento migliore sia come finanziamenti da restituire sia come risorse a fondo perduto e che ha concordato in Europa un piano con scadenze ben precise. Il nostro Paese, inoltre si è impegnato a realizzare determinate riforme che dovrà fare se non vuole perdere questa occasione unica, storica, per modernizzare il nostro sistema produttivo, per renderlo competitivo dopo 20 anni di stagnazione e immobilismo, favorendo una crescita reale attraverso una politica che privilegi le istanze delle nostre imprese.

Il Ministro dell’Economia Franco ha dichiarato: «Questo Recovery ha una caratteristica fondamentale, noi anticipiamo i soldi, le risorse nazionali, che vengono rimborsate quando si raggiungono gli obiettivi. Se essi non vengono raggiunti, Bruxelles può bloccare le erogazioni a cadenza semestrale e si rischia così di perdere questi finanziamenti, con un conseguente buco di bilancio 

Il Ministro Giovannini ha illustrato il piano per le infrastrutture chiarendo che le risorse a disposizione saranno di circa 62 MDI, così ripartite: 

40 MDI i fondi della NEX GENERATIO EU;

11 MDI Fondo complementare;

11 MDI scostamento di bilancio.

Anche per questi motivi ritengo che i leader del centro destra farebbero bene a concentrarsi su un altro versante per utilizzare al meglio questa straordinaria opportunità.

Al riguardo mi permetto indicare una proposta concretamente declinabile nel settore delle infrastrutture, con due doverose premesse:

  1. L’arretrato di infrastrutture del nostro Paese è maggiore delle risorse indicate più sopra;
  2. Nel comparto dei lavori pubblici finora la data di consegna non è mai stata fissata, sono fissate le procedure da cui poi la data di consegna dipende. Nel PNR   si inverte l’ordine della causalità: le opere devono essere completate entro una data certa e dunque le procedure devono essere riviste per raggiungere quell’obiettivo.

In attesa che il Parlamento metta mano alle procedure del Codice degli Appalti per velocizzare la cantierabilità delle opere pubbliche, considerato che da varie parti  si sottolineano  due fattori che  qualificano il nostro Paese  e cioè il rilevante  risparmio accumulato dalle famiglie italiane e la solidità del nostro sistema bancario italiano, ritengo sia praticabile l’idea di utilizzare le risorse del Recovery Fund per sostenere la finanziabilità di infrastrutture materiali assieme al protagonismo di apparati statali (Cassa Depositi e Prestiti ) e di Fondi Italiani e stranieri.

Si tratta in sostanza di ricorrere a forme di cofinanziamento in Project Financing che realizzino un effetto leva sui fondi europei, così da realizzare investimenti assai superiori a quelli che si immagina di fare utilizzando le sole risorse del Recovery Fund.

In questa prospettiva i Fondi UE dovrebbero essere utilizzati come parziale (ma sostanziale) contributo a fondo perduto erogabile a Società di Progetto (SPV) a prevalente capitale pubblico (Cassa Depositi Prestiti, Regioni, Comuni) a cui assegnare i principali progetti di implementazione logistica del Paese (Ferrovie, Autostrade, Piastre logistiche, Metropolitane, Porti, Dighe, Acquedotti, Termovalorizzatori…).

Ogni Società di Progetto (SPV) dovrebbe prevedere di finanziare il 50% del fabbisogno per la realizzazione dell’opera, con obbligazioni ventennali emesse dalla Cassa Depositi Prestiti portanti interesse a limitato premio sul mercato, finanziando con proprio capitale l’ulteriore fabbisogno del 25 % e impiegando i contributi UE per il restante 25%.

In questo modo si otterrebbero due risultati importanti:

  1. Si potrebbero realizzare maggiori opere;
  2. Si renderebbero attraenti alla finanza privata l’acquisto di obbligazioni di lungo termine altrimenti di scarso interesse in una fase storica nella quale si registra una crescita consistente del risparmio privato in Italia.

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